NOI CONTRO QUESTA COSA SENZA NOME

venerdì 18 agosto 2017

..MA TU, COSA PREFERIRESTI?!


Ogni tanto, anche io e Francesco facciamo quel gioco sul futuro dei propri figli. Un po' come quando voi genitori Speciali di bambini normodotati vi chiedete:"Ma tu, preferiresti che in futuro faccia il dentista o il calciatore?!"..."Mah, io preferirei facesse il notaio..prenderebbe un sacco di soldi solo per mettere qualche firma qua e là!!" (Se lo legge qualche notaio, non prendetevela a male eh..è solo una battuta per rendere l'idea della leggerezza di questo gioco!!).

Ecco, anche io e Francesco ci facciamo domande del genere.
"Ma tu, cosa preferiresti?! Che imparasse a camminare o a parlare?!"

Come al solito Francesco, da sempre, è più favorevole al parlare che al camminare. "Almeno riesci a farci un discorso, riesce ad esprimere di cosa ha bisogno, ti può fare domande e interagire con tutti".
Certo, non fa una piega. 

Io, invece, sono sempre stata più dalla parte del camminare.
Parto dal presupposto che tutti noi, spesso, parliamo a caso e tante volte ci farebbe bene un periodo con la bocca cucita, giusto per capire che peso dare alle parole, anche quando non ti potresti esprimere. 
E parto dal presupposto che, se ci scappa la cacca mentre siamo a cena, non dobbiamo condividerlo con tutti affinché qualcuno ci accompagni, ma semplicemente alziamo il nostro sedere chiedendo scusa e andiamo in bagno da soli, come se nulla fosse. 

Quando mi immagino il futuro di Riccardo, sia chiaro, non me lo vedo immobile in una sedia a rotelle. 
E' proprio più forte di me. 
Me lo vedo gioioso, mentre corre in un prato fiorito, magari con quella sua camminata un po' goffa...ma LIBERO. 
Libero dalle mie mani che lo sostengono in continuo, da un passeggino che non gli permette di rincorrere quel cane che incrocia e che gli piace tanto, dalle mie braccia che cercano di portarlo dove lui vuole ma che a volte sbagliano. 
Lo vedo libero di rincorrere una farfalla, di seguire suo papà mentre taglia l'erba, e prima o poi di tagliare lui stesso l'erba, perchè gli piacerà. 
Lo vedo libero di farsi un tuffo in piscina e tornare a galla ridendo come un matto, libero di giocare a scappa e prendi con i suoi amici a scuola. 

E poco conta se non parlerà, perchè sono sicura che noi lo capiremo, in qualsiasi cosa avrà voglia di fare. Ed in ogni caso, nel momento in cui non lo capiremo, sarà libero di farsela da solo quella cosa perchè il suo corpo glielo permetterà.

Io, ora come ora, non ho bisogno che Riccardo mi parli. Si fa capire, in tutto. Soprattutto in questo periodo, in cui si arrabbia spesso e fa i capricci perchè capisce che io lo capisco fin troppo bene e non gli permetto sempre di fare ciò che vuole. 
Quando lo prendo in braccio, il suo dito mi guida per tutta la strada che devo percorrere per portarlo lì dove lui vuole. 
Quando gli chiedo se vuole fare un bagno in piscina, capisco dalla sua espressione e dal modo in cui muove le braccia se il suo è un "si " o un "no".
Quando gli faccio una domanda, fa finta di non ascoltarmi se non gli interessa ciò che sto dicendo. 
Quando gli chiedo se vuole fare la nanna, mi indica le scale per salire in camera e si prende stretta la coperta perchè non si addormenta se non sta caldo.
E poi, diciamocelo, tra linguaggio dei segni e applicazioni sul cellulare e sull'i pad, di modi di comunicare possiamo usarne anche altri.
Certo, non sarà una passeggiata eh. Non è che urlerò al mondo felice e contenta "Mio figlio per fortuna cammina e non parla!!". Sarò comunque un altro modo di vivere, semplice, e dovremo mettercela via. 

Ma io, ora come ora, ho bisogno di vederlo LIBERO. 

Non so se accontenterà me o se accontenterà il papà. Forse tutti e due o forse nessuno dei due. Non ho la minima idea di come potrà essere il suo futuro, per cui diamo a questo giochetto il piccolo spazio che si merita per confrontarsi un po', e poi torniamo a viverci le cose giorno per giorno, abbandonando ciò che preferiremmo ed impegnando le nostre forze sull'unico nostro obiettivo reale: fare in modo che Riccardo, in ogni caso, sia un bambino FELICE. E su questo, giuro, ci stiamo impegnando tanto.      

sabato 5 agosto 2017

LE EMOZIONI DI PUGNOCHIUSO



Quando ero piccola passavo due settimane a Lignano, in un campo-scuola. Erano belle settimane, ci si divertiva, si facevano nuove amicizie, ci si innamorava circa due volte e si tornava a casa piangendo. 

Ecco, non ho più pianto per tornare a casa da una vacanza da allora. 
Finchè non siamo ripartiti da Pugnochiuso! 
Mi sembrava di essere tornata dodicenne, e mi sono pure vergognata un po'. Ma alla fine le emozioni è bello viverle, per cui mi sono goduta anche il mio pianto di rientro. 

E' un po' difficile spiegarvi cosa abbiamo provato a Pugnochiuso, ma ci provo.

Pugnochiuso è stata una scoperta, di quelle che ti fanno brillare gli occhi appena senti le voci cantare mentre i bambini e i ragazzi scendono in spiaggia accompagnati dai sorrisi degli operatori. E non sto qui a spiegarvi quanto bravi sono, questi operatori, perchè di gente brava in giro ce n'è tanta. Ma il motivo per cui i miei occhi si riempivano di lacrime ogni volta che li vedevo arrivare (e che cercavo sempre di trattenere dentro per non farmi vedere da nessuno) era racchiuso tutto nella prova che l'Amore, il loro Amore per ciò che facevano, era il vero cardine che faceva andare tutto per il verso giusto. Avevano gli occhi che sprizzavano di gioia, e tutti, tutti, se ne accorgevano. A fine giornata erano stanchi, lo si vedeva, ma ci salutavano sempre con un sorriso, dando un bacio al proprio bimbo/ragazzo Speciale con cui avevano passato la giornata.
   

Pugnochiuso è stata la consapevolezza che da sola non posso fare tutto, che è effettivamente tutto nelle nostre mani, ma che le nostre mani alla fine non sono sempre così indispensabili se trovi delle persone che donano Amore a Riccardo proprio come tu vorresti. E' stata una settimana in cui la parola che ci veniva ripetuta più spesso dai dottori e dagli operatori era "RILASSATEVI", e non potete immaginare quanto questa attenzione nei nostri confronti mi abbia commosso. 
Ho sempre pensato che, nelle situazioni come la nostra, si dia sempre e solo importanza al figlio disabile e i genitori vengono lasciati un po' a se stessi. E sono sempre stata convinta che, in realtà, l'aiuto maggiore, soprattutto all'inizio, debba essere dato ai genitori, di prassi. Se i gentiori non sono realmente presenti e lucidi, difficilmente si riuscirà ad ottenere miglioramenti sul figlio. Ecco. A Pugnochiuso, finalmente, abbiamo trovato le attenzioni che anche noi ci meritiamo. "Non è colpa vostra, non siete voi che sbagliate, avete bisogno di qualcuno che vi dia una mano perchè quel tipetto lì vi manda in esaurimento nervoso", sembrano cavolate. Eppure dovrebbero essere ripetute molto più spesso, dato che una delle domande principali che ci facciamo noi genitori di bimbi Speciali è proprio "Dove sto sbagliando?!". Mi sono sentita coccolata, con la sola frase "Voi pensate a rilassarvi, a Riccardo ci pensiamo noi!". Mi sono sentita capita, compresa, ascoltata. E non è cosa da tutti i giorni!

Pugnochiuso è stato luogo d'incontro con altre famiglie Speciali, in cui ci si capisce al volo, senza troppe spiegazioni, anche se non ci si conosce. Momenti in cui già alle prime parole riesci a parlare di aspetti così intimi che in altre situazioni non prenderesti neanche in considerazioni. Ti ritrovi a parlare delle fatiche di tutti i giorni, delle aspettative messe da parte, dei sogni che non si avvereranno mai, delle soddisfazioni che comunque prima o poi arrivano. Ti ritrovi a salutare e a sorridere a tutti, perchè si diventa un po' come una grande famiglia, e quindi in quella settimana i ragazzi diventano figli di tutti i genitori e i genitori diventano punto di riferimento per tutti i ragazzi. 

Pugnochiuso è stato tutto questo, e molto di più! Mi sono sentita libera e spensierata! E proprio come le mie vacanze di Lignano, anche Pugnochiuso ha portato divertimento, nuove amicizie e mi sono pure ri-innamorata...Sempre di Francesco eh, però è stato un bel re-innamoramento, una bella ri-scoperta, ne avevamo bisogno! 
Ecco, forse, perchè ho pianto salendo in macchina. Ho provato le stesse emozioni di quando avevo 12 anni, dopo circa 20 anni..e non è cosa da tutti i giorni!