NOI CONTRO QUESTA COSA SENZA NOME

lunedì 22 gennaio 2018

WONDER...E NOI


Sono stata al cinema a vedere Wonder.
Due volte.
La prima volta ci sono stata con il gruppo di mamme dei compagni di Riccardo, giusto per far fuori tutte insieme un po’ di pacchetti di fazzoletti. E poi, siccome di fazzoletti ne erano anche avanzati, ho avuto la fantastica idea di accompagnare Francesco, così li abbiamo finiti.

Bel film, nulla da dire. Commovente, diretto, emozionante, forte.
Mi sono rivista in tante scene. Ho sentito mia la paura della Mamma nel lasciare Auggie alla sua vita, libero di camminare e di seminare da solo Amore in giro per i corridoi della scuola. Ho riso a tutte le battute del Papà, molto ironico, soprattutto nei confronti di sua moglie. Mi sono commossa sui pensieri di Via, la sorella, e mi sono chiesta se anche la sorellina di Riccardo, se mai arriverà, penserà le stesse identiche cose e vivrà con tanto Amore e allo stesso tempo con tanta Solitudine questa relazione. Ho preso spunto da alcune riflessioni del Professore, dal suo modo di agire in classe, dal suo entusiasmo nel trasmettere prima di tutto regole di Vita che apprendimenti scolastici.
E poi…poi ho cercato di paragonare Auggie a Riccardo, o Riccardo a Auggie, come volete insomma. Ed entrambe le volte, a questo ragionamento, sono uscita dalla sala pensando “Troppo facile…!”.

Si, troppo facile.
Troppo facile raccontare la storia di un bambino con una deformazione facciale, super intelligente, pure simpaticissimo e con una capacità relazionale al top.
Certo, la deformazione fisica è un grande ostacolo, sicuramente preda del bullismo ed è giusto trattare tutto come viene ben fatto in questo film. Anche perché, di questi tempi, non serve nemmeno avere una qualche deformazione fisica per essere vittime di bullismo, basta anche molto meno. È un problema serio e va affrontato.
Ma comunque, io continuo a dirmi che è troppo facile così.
È troppo facile per i genitori, che in ogni caso, in questo film, si confrontano quotidianamente con il proprio figlio in un modo che a volte nemmeno nella realtà succede, anche senza una deformazione facciale. È troppo facile per gli insegnanti, che devono solo “abituarsi” ad una faccia ma non devono pensare di giorno e di notte a dei metodi speciali per far in modo che Auggie apprenda senza intoppi. È troppo facile per i compagni che quando vedono in Auggie un valido alleato per copiare le verifiche si accorgono che "Ma sì dai, non è poi così male!".
E quindi io mi chiedo: la trama sarebbe stata uguale se al posto di quella deformazione facciale ci fosse stato un ritardo mentale, oppure un’iperattività, un’incapacità a comunicare, una difficoltà alla regolazione emotiva? Auggie avrebbe comunque attirato a sé tutti quei cuori? Avrebbe ricevuto lo stesso il premio più ambito dell’anno alla consegna dei diplomi?

Mah.

Mi ha colpito tantissimo una frase che ha detto il preside ad un certo punto: “August purtroppo non può cambiare la sua faccia, ma quello che noi possiamo fare è cambiare il nostro punto di vista”.
E mi chiedo ancora: noi, adulti e ragazzini, quanto siamo disponibili a cambiare il nostro punto di vista nel momento in cui c’è una necessità?

Voi che dite?!


In ogni caso, in qualsiasi modo la pensiate, deformazione facciale o no, disabilità cognitiva o no, vale sempre il precetto: SE POTETE SCEGLIERE TRA ESSERE GIUSTI ED ESSERE GENTILI, SIATE GENTILI. 

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